Un po' di storia

Beato Tommaso Reggio: ritratto di un padre
e un suo sogno: le suore di Santa Marta

Beato Tommaso Reggio
Beato Tommaso Reggio

Tommaso Reggio nasce a Genova da nobile famiglia il 9 gennaio 1818: diventato sacerdote il 18 settembre 1841 è destinato vicerettore al seminario di Genova e poi Rettore del seminario di Chiavari fino al 1851 quando diventa Abate di Carignano, una prestigiosa Abbazia di Genova.

Nel 1877 eletto Vescovo di Ventimiglia, risponde alle molteplici urgenze della sua Diocesi, dando vita nuova al Seminario e al clero, e interviene con carità e intelligenza nei momenti drammatici del colera e del terremoto che devastano gran parte del suo territorio.

Nel 1892 viene eletto Arcivescovo di Genova dove cerca di sanare una dolorosa frattura tra autorità religiosa e civile, e continua la sua azione coraggiosa a servizio del suo popolo.

Il 22 novembre 1901, mentre partecipava a un pellegrinaggio interdiocesano, si spense a Triora esprimendo il segreto di tutta la sua vita: “Dio , Dio solo mi basta.

Il 3 settembre 2000 il Santo Padre, Giovanni Paolo II, nell’anno del giubileo, durante una solenne celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro proclama il servo di Dio Tommaso Reggio beato.

Uomo aperto e poliedrico, Tommaso Reggio si è calato con disinvoltura nel tessuto della sua gente, per comprenderla, amarla e condurla a Dio Padre, attraverso una “pedagogia” fatta di cure attente e nutrita di un amore sodo, critico, preveniente.

Così, chino sull’uomo per raccoglierne i drammi, i dubbi, i pensieri, per intuirne i sogni, Tommaso Reggio si adoperò fino a consumare tutte le sue energie, senza cedere ad atteggiamenti di pura mendicità, di sola istintiva compassione.

La sua preparazione culturale e la sua attività di prete- giornalista gli consentirono di affinare una conoscenza ampia e dettagliata della sua Liguria e dell’intera nazione.

La sua preparazione giuridica, inoltre, gli consentì di muoversi con prudente disinvoltura, nelle complicate vicende storiche e sociali, che attraversarono gli anni che vanno dalla metà alla fine dell’ Ottocento.

Ricco e nobile di origini, volle fare a meno del “superfluo” per diventare libero; questa ricerca dell’essenzialità fu in lui tenace, vera, quotidiana.

Così divenne povero…ma un povero dignitoso; divenne umile e vero…capace di stare con tutti; divenne un gigante… capace di reggere fatiche fisiche e intellettuali esagerate.

Fu uomo in cammino, sempre sulle strade di tutti, tuttavia , riuscì a non disperdere le sue energie e a non cedere alla tentazione di essere alla moda.

Accese speranza anche negli animi travolti da tragedie, e piano piano divenne “esperto di cuori” e riuscì, talvolta, a sanarli, con il suo atteggiamento amabile e severo, dolce e austero, a seconda delle esigenze.

Una preghiera soda, cristocentrica alimentava la sua ricerca della Verità; fermo difensore della chiesa, egli la amò pagando di persona le sue scelte giornalistiche e le sue posizioni politiche.

Immagine sacra
Immagine sacra

Assetato di un Dio che è Padre, lo adorò e si aggrappò alla Sua Parola, anche quando come promotore di un partito politico, dovette far emergere le parole che, “sole”, dovevano essere dette. Uomo della conciliazione, convinto che è sempre necessario “costruire i ponti” per unire gli uomini, egli tuttavia divise gli spiriti.

Fu osteggiato, infatti, da chi vedeva nel suo operato, un’ apertura eccessiva e, nella sua larghezza di vedute, quasi una smania di modernità; ma fu avversato anche da chi l’avrebbe voluto meno “aggrappato” al Papa e al magistero della chiesa.

Soffrì non poco di questo, ma lo fece in silenzio. Gli accadde più di una volta di veder fallire le opere per le quali si era speso senza risparmiarsi; il suo giornale e la facoltà giuridica per ragioni diverse e in tempi diversi furono chiusi.

Di fronte alle avversità e alle calunnie rimase comunque in piedi e, da “servo inutile” quale si sentiva riuscì a trovare nella preghiera le ragioni perché più che la giustizia, prevalessero in lui la misericordia e il perdono.

A Ventimiglia inventò una Famiglia religiosa, la nostra; ci chiamò Suore di Santa Marta, e ci definì “il suo audace tentativo”. Audaci, dunque, ci voleva; audaci nel bene e capaci di alzarci in volo, per scendere, poi, a toccare le fibre di ogni uomo, con l’arte di chi è libero dal superfluo ed è esperto in umanità.

Suore dalla “trepidazione” più tenera, dall’adorazione più soda; Suore pronte a servire più con il cuore che con le mani, con negli occhi e nell’anima la certezza gioiosa che la Provvidenza “ veste” il mondo ogni mattina.

Una sola costante preoccupazione sempre: trovare le tracce di un Dio che è Padre e consumarsi nella certezza che …Lui solo basta! 

Stemma